Fu il maggior violinista del Settecento. La sua grandezza sta certamente nella sua musica, nelle innovazioni tecniche e nell’ influenza che il suo pensiero musicale ha avuto sulle generazioni successive, ad esempio su Haydn e Mozart. La sua scrittura musicale è ricca di raffinatezze armoniche e la costruzione della frase è il risultato di un pensiero ispirato anche a testi poetici, come quelli di Paolo Rolli e Pietro Metastasio, che Tartini ha registrato in un linguaggio criptato. Fu innovatore anche nella “sua” scuola che fondò nel 1727 e che funzionò per oltre trent’anni. “Scuola delle nazioni” e lui “Maestro delle Nazioni”, per le diverse provenienze da tutti i paesi europei dei suoi studenti. Moderni i rapporti fra maestro e allievi: i giovani non abitavano presso il maestro, erano legati da un contratto, studiavano scegliendo corsi diversi di diversa durata. Le sue composizioni spiccano fra le vette dell'espressività settecentesca e rivelano un mondo interiore e spirituale ricchissimo, che l'interprete deve saper cogliere. Già nella sua epoca si diceva che la musica di Tartini era nota per la capacità di saper “cantare” sullo strumento. A lui si deve la storica modifica dell’archetto del violino che fece allungare e l’introduzione di corde più spesse. Modificò pure la postura esecutiva del musicista. Tutto ciò e altro ancora, ha cambiato la sonorità dello strumento e la tenuta della nota.Così, come nella vita aveva seguito i moti del suo cuore, nella musica della sua maturità cercò l’espressione più vicina ad “una verità di natura”, ad una musica semplice e complessa insieme, che suscitasse sentimenti ed affetti naturali e veri.